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Gias Carobbi Fotografo
Carobbi Gias a Piombino una quarantina di anni fa. Erano gli anni di liceo durante i quali mi avvicinavo con stupore e giovanile passione, grazie alla complicità di un meraviglioso professore di disegno, il livornese Silvano Filippelli, alla scoperta della fotografia e del cinema, ancora non pensavo a fare di questi due elementi il cardine della mia vita. Ricordo infiniti pomeriggi, libero dalla scuola, passati a parlare di fotografia nel suo negozio-laboratorio-atelier, negozio di barberia nel quale Gias aveva attrezzato una semplice ma completa camera oscura perennemente in funzione. I suoi clienti apparivano ormai rassegnati o forse anche divertiti ad essere lasciati a metà di un taglio di capelli, con Gias che scompariva nella camera oscura per "fissare" un negativo, per perfezionare una stampa che poi esponeva al giudizio immediato di tutti i clienti ed amici. Sfogliando vecchi volumi di appunti fotografici di quei tempi mi accorgo che quelle comuni esperienze di laboratorio, di un laboratorio che non avrebbe potuto essere più artigianale e autarchico, mi hanno accompagnato e sono state le fondamenta più solide che mi sono servite nel mio lavoro successivo.
Certo, quando partii da Piombino per andare al Centro Sperimentale di Fotografia a Roma, quello sembrava il grande passo, la scelta decisiva, mentre invece mi accorsi ben presto che l'inimitabile esperienza in quel piccolo negozio-laboratorio-atelier sarebbe stata ormai irripetibile. Stavo entrando nella professione e personaggi come Gias Carobbi non ne avrei incontrati più. In quegli anni a Piombino operavano alcuni ottimi fotografi, intendo ricercatori fotografi, intendo fotografi che non soltanto fotografavano creativamente ma mantenevano uno stretto contatto con il grande mondo della fotografia internazionale cercando di rinnovare l'alfabeto fotografico italiano che si era negli ultimi decenni provincializzato nell'attività di fotoclub dopolavoristici.
Cito due di questi personaggi che tanto peso hanno avuto nella mia formazione: Enzo Della Monica e Renzo Chini. Con Enzo Della Monica realizzai, quale improvvisato e totalmente inesperto assistente, un piccolo documentario sulle scuole dell'entroterra grossetano e fu la prima volta che vidi una cinecamera sedici millimetri, con Renzo Chini ebbi continui colloqui e riscontri che segnarono per me una strada.
Ma Gias era un interlocutore speciale. Di cultura semplice, di talento innato, libero da preconcetti di stile e di ideologia egli semplicemente "amava" la fotografia, amava l'odore dello sviluppo, amava l'alchimia della miscelazione dei bagni. Egli, più di tutti noi, si trasformò in "fotografo" e credo che fra tutti noi piombinesi appassionati di fotografia egli sia l'unico a cui si addica pienamente l'insegna che Edward Weston espose fuori dal suo semplice studio fotografico nel Novo Messico: "Edward Weston- fotografo". Altri potranno parlare dei valori o dei limiti della sua opera, certamente non io. Per me "Gias Carobbi-fotografo" è l'immagine ricordo, semplice ma veritiera immagine di una persona eccezionale, di un artista puro.
Luciano Tovoli è nato a Massa Marittima (Gr), ma ha vissuto a Piombino i primi vent'anni della sua vita, compiendo gli studi liceali. Direttore della fotografia, diplomato presso il Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma, ha iniziato giovanissimo la sua carriera, esordiendo con De Seta e Brusati, in seguito ha iniziato a collaborare con i grandi registi italiani, tra i quali Ferreri, Comencini, Bolognini e Antonioni con il quale ha ottenuto il Nastro d'argento con il film "Professione Reporter". Negli anni ottanta ha stretto un proficuo sodalizio con Ettore Scola, firmando la fotografia di numerosi suoi film, tra cui "Il viaggio di Capitan Fracassa" (1990) per il quale ha ottenuto il Premio Donatello. In ambito internazionale è conosciuto per aver lavorato con alcuni noto registi, come Andrei Tarkovksij, Maurice Pialat e Barbet Schroeder con il quale ha girato "Il mistero von Bulow" (1991). Recentemente è passato alla regia, firmando il film "L'armata ritorna", tratto dal romanzo "Il generale dell'armata morta" di Ismail Kadarè.